Giorno 8 Horseshoe Canyon

Durata: 2 h 30 per il parco +
2 h 30 per Torrey

Distanza: 123 miglia +  95 (350 km)

Il giorno dopo è dedicato ad un posto che sembra ai confini del mondo: si tratta dell’Horseshoe Canyon.

Per arrivarci, si raggiunge un paesello sperduto, si individua una viuzza sterrata altrettanto sperduta che parte dal paesello sperduto (roba che sulla guida dice qualcosa che suona come: trovate il buco nella rete nei pressi del locale aeroporto e imboccate la via attraverso il buco). La si percorre per chilometri, facendo attenzione a non perdersi il cartello in miniatura che ad un certo punto segnala la deviazione per l’ingresso del Canyon. Finalmente raggiunta l’imboccatura del sentiero si lascia la macchina (ce n’era soltanto un’altra nel parcheggio) e vicino al pannello con la mappa del canyon c’è un contenitore in legno, con un quadernone ed una matita. Qui devi scrivere nome, numero di persone e data ed ora di ingresso nel canyon. Il tutto per verificare se chi si è segnato in ingresso si è poi segnato anche in uscita!

L’abbiamo sfogliato e nel giro di alcuni mesi risultavano poche decine di visitatori…Veramente remoto!

La discesa

E’ una giornata calda, lungo la discesa non c’è un filo d’ombra: per fortuna, previdenti, noi siamo carichi di scorte di litri d’acqua: sebbene inizialmente il peso non sia gradevole, non rimpiangiamo la scelta più avanti nella giornata, quando possiamo idratarci lungo il torrido percorso.

Scendendo, c’è segnalata qualche orma di dinosauro.

Il percorso sul fondo del canyon

Poi arriviamo sul fondo del canyon e proseguiamo la camminata. La nostra destinazione sono dei giganteschi pittogrammi risalenti, si dice, a 6000 anni fa. Non si conosce la loro origine con certezza, ne’ se ne conosce il significato, quel che si sa è che questo canyon doveva essere popolato (perché vi scorreva il fiume, che ora è prosciugato) migliaia di anni fa. Chi ha fatto questi disegni erano gli antenati degli antenati dei nativi americani, e miracolosamente (grazie probabilmente all’isolamento del posto) questi pittogrammi sono arrivati fino ai nostri giorni.

Ci sono 4-5 siti in cui si trovano pittogrammi che coprono metri di parete rocciosa, tra l’altro collocati molto in alto rispetto a dove si cammina, quindi è già un mistero come abbiano fatto ad arrampicarsi per disegnarli lassù. Non è facile trovarli perché sono veramente molto mal segnalati, ma provando a seguire le tracce dei pochi altri visitatori, più o meno ci si riesce. Nel percorso di andata incrociamo il proprietario dell’altra macchina che si trovava al parcheggio, che sta tornando indietro. Quindi poi ci siamo solo noi.

Sono quattro le principali “galleries” che s’incontrano lungo il percorso, ognuna distintiva e interessante. La prima è l’High Gallery, che si raggiunge circa venti minuti dopo la lunga discesa di un miglio, e la seconda non è molto più avanti dall’altra parte del canyon. La terza galleria sul retro di un’enorme alcova è molto interessante per i graffiti dei primi del 20° secolo che si mescolano con le immagini antiche, e questo è un bel posto fresco dove riposare prima del viaggio di 1,25 miglia fino alla fine del canyon, dove si trova la Great Gallery.

Per chi ha visto i film di Danny Boyle 127 Ore, tratto dalla storia vera di Aaron Ralston, arrampicatore in solitaria che nel 2003 scalando il Blue John Canyon rimase incastrato con il braccio sotto ad una grande roccia crollata dalla parete, il fondo dell’HorseShoe Canyon è il luogo dove, stremato, Ralston riesce a camminare dopo essersi amputato il braccio, 127 ore dopo l’inizio della sua avventura. Qui incrocia una coppia di escursionisti che chiamano subito i soccorsi. Se non avete visto il film, ve lo consiglio! Per chi ama questi luoghi e scenari, è un gran bel film! E’ però anche piuttosto drammatico, quindi non per tutti gli stomaci…

La Great Gallery

Dopo circa 3 ore arriviamo all’ultimo sito di pittogrammi, noto come Great Gallery, che copre metri e metri di parete. Non saprei come altro descriverlo se non: emozionante, toccante. Queste rappresentazioni contengono sagome di soggetti che, si dice, fossero sacerdoti, o le anime dei morti o degli dèi venerati da chi ha fatto i disegni. L’immaginario evocato ad una persona del XXI secolo però è tutt’altro: 6000 anni fa questi indigeni disegnarono robot e marziani con le antennine!! Davvero affascinante.

La Great Gallery è la più nota e spettacolare delle pareti di Horseshoe Canyon. Comprende sia pittogrammi (figure dipinte) che petroglifi (figure incise nella roccia con una pietra affilata). Le figure affusolate a grandezza naturale mancano di braccia e gambe ma spesso contengono disegni intricati. Questi disegni sono caratteristici dello stile cd. Barrier Canyon.

Per di più dopo qualche minuto trascorso in ammirazione (ci sono dei cannocchiali messi a disposizione, legati con un filo vicino ad una panchina, con cui si possono ammirare i dettagli dei disegni), arriva una ranger: siccome siamo gli unici visitatori, ci inchiacchieriamo e alla fine si offre di accompagnarci oltre alle catenelle di protezione, per vedere i pittogrammi da vicinissimo. Che bello! Più ci si avvicina, più ci si accorge di quanto siano enormi! In più, si dilunga in spiegazioni dettagliatissime di tutte le teorie relative al significato dei disegni ed alla loro paternità.

Ci incamminiamo per il ritorno, estenuante, e raggiunta la macchina ci aspettano altri chilometri (un centinaio di miglia) in mezzo al niente, sempre lungo questa strada sterrata desolatissima. Quando finalmente raggiungiamo la civiltà, siamo sulla strada per il Capitol Reef National Park. Non abbiamo forze per far altro che trovare un hotel (l’ottimo Capitol Reef Inn di Torrey), mangiare un boccone e crolliamo a dormire.

Capitol Reef Inn & Cafe
360 W Main St, Torrey, UT 84775, Stati Uniti

si dorme!

si dorme!

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