Rafting e kayaking sul fiume Mreznica
Rafting e Kayaking nei fiumi croati

Volete fare un’esperienza che i bambini non dimenticheranno? Allora provate il rafting! La zona del Parco Nazionale dei Laghi di Plitvice è ricca di corsi d’acqua, che con una pendenza lieve ma progressiva scendono a valle, offrendo innumerevoli percorsi per il rafting e il kayaking!

kayak mreznica croazia

Uno dei fiumi che più si presta per il rafting e kayaking è la Mreznica. Dopo aver visto abbondante acqua scendere dalle rapide e dalle cascate dei Laghi di Plitvice, e non essercisi potuti immergere, perché lì fare il bagno è vietato, vorrete (specie se fuori è caldo) fare un tuffo ristoratore. E, perché no, sperimentare un po’ di autentica adrenalina direttamente sull’acqua!

Gli operatori che offrono pacchetti per rafting e kayaking sono numerosi in questa zona. Ci sono offerte sia per discese in rafting, i grandi gommoni da 6-8 posti, che per discese in kayak (solitamente da 2 persone). A seconda del livello di confidenza con l’acqua, l’età da cui è possibile partecipare è da 6 anni in su.

Noi abbiamo optato per il kayak lungo la Mreznica, con l’operatore Raftrek. Si raggiunge in auto il punto di raccolta, che è nei pressi del fiume, dove viene fornita l’attrezzatura (per i bambini già divertente in se’!). Muta, calzini al neoprene, casco e giubbino di salvataggio giallo. Vengono fornite un po’ di istruzioni preliminari poi, con al traino i kayak, in 4×4 si raggiunge il fiume.

Da lì, dopo qualche ulteriore raccomandazione, si parte all’avventura!

La discesa in kayak lungo la Mreznica

La discesa dura circa 3 ore durante le quali si percorre qualcosa come 4-5 km di fiume.

Appena scesi in acqua l’accompagnatore (il preparatissimo e gentilissimo Marko) ti spinge subito giù per un uno-due di rapide….E puntualmente tutti i kayak, tranne il suo, si rovesciano!

Ecco! Già io sono fifona! Finisco sotto il kayak per quello che a me sembra un tempo interminabile. Arranco per risalire, salvo poi scoprire dalle riprese fatte con la action cam che si è trattato in realtà di qualche millesimo di secondo… E, vabbè! Non ho più il coraggio di una volta!

In compenso ai bambini la cosa pare subito divertentissima!

Pochi metri più in là si deve scendere dai kayak, lanciarli giù per la cascata (dislivello di 7 metri) e tuffarsi nella pozza sottostante. Olè! Bambini in visibilio! Io uso uno scivoloso percorso laterale per scendere “via terra”. Loro invece utilizzano quello stesso percorso altre 2/3 volte, per tornare su e rifare il tuffo!

Più avanti la situazione si fa un po’ più sedata. Sebbene ci siano varie rapide e cascatelle, non ce ne sono altre così alte. Da tutte scendiamo, sempre con l’aiuto di Marko che indirizza il kayak nel flusso d’acqua per sfruttare la corrente nel modo migliore. E non cadiamo più! Incredibile!

C’è un’altra cascatella con dislivello di 5 metri, e questa volta i bambini scendono giù, insieme, sul kayak! Poi risalgono e si tuffano anche di qui!

Il fiume ha un’acqua cristallina, trasparentissima, e voltandosi indietro in alcuni punti, guardando le rapide appena passate, sembra di essere ai Laghi di Plitvice, che sono poco più a monte. L’acqua è fredda, ma questo non spaventa i due piccoli avventurieri! Anzi! Zampettano nelle pozze quando ci fermiamo per la pausa o in occasione dei tuffi.

Meglio in acqua che sopra! Nei tratti dove l’acqua scorre più placida bisogna darci di olio di gomito, giù a remare! Io sono evidentemente negata come nello sci. In pratica percorro il fiume a “spazzaneve”, anzi, dovrei dire “spazza-acqua”. Se remo tutto da un lato per curvare, il kayak continua ad andare dritto come un fuso. Quando poi con la forza bruta riesco finalmente a fargli cambiare direzione, a quel punto ha preso talmente tanta inerzia che se ne va dritto nell’altra direzione! Insomma, parallela agli argini proprio non riesco ad andare!

E lo sventurato figlio che capita nel kayak con me (prima uno poi l’altro, perché sembrava il problema potesse essere il bambino, mentre ero proprio io!) passa dalla determinazione alla frustrazione. Lo capisco! Diciamo che per ogni 50 metri di fiume sul mio kayak se ne impiegano almeno il doppio!

Il rientro e le chiacchiere con un veterano del luogo

Alla fine del tragitto il 4×4 ci attende per riportarci al punto di partenza. Sono organizzatissimi, hanno persino due tendine montate in quattro e quattr’otto dove ci si può cambiare!

I bambini sono gasatissimi! Entusiasti per il giro fatto e dispiaciutissimi che sia finito! Sarrebbe stato bello proseguire ancora oltre, poi però, occhio all’indolenzimento il giorno dopo! Ero indolenzita in punti insospettabili in cui non sapevo nemmeno di avere dei muscoli!

Al rientro al punto di partenza sorseggiamo una birra sotto gli ombrelloni nella casa a fianco del quartier generale del rafting. E’ una casetta isolata di campagna dove vive un simpatico signore che conosce bene l’italiano. Decine di anni fa ha lavorato per qualche tempo ad Udine.

Ci racconta della guerra nella Ex Jugoslavia. Di come lui stesso ne sia stato vittima, dovendosi difendere da quelli che erano in pratica i vicini di casa. A due passi c’è il confine bosniaco. Terra contesa la Bosnia, crogiolo di razze e di religioni. Ancor’oggi al centro delle tensioni, perchè, ci spiega, è l’avamposto da cui, per le stradine isolate della campagna circostante, i profughi in fuga dalla Siria e del Medio Oriente cercano di varcare i confini dell’Unione Europea. Dalla sua stradina isolata ha visto passare negli ultimi giorni oltre 200 clandestini.

Una “capatina” in Bosnia

Ale ha un’interesse quasi maniacale per luoghi come questo, luoghi dove si è svolta e tutt’ora si svolge la Storia, quella con la S maiuscola. Ci propone allora di fare il tragitto a ritroso verso l’appartamento non lungo la strada croata, ma varcando il confine e percorrendo un piccolo tratto di Bosnia. Per arrivare “dove cambia religione”.

Ci imbarchiamo allora in questa esilarante (?!?) avventura. Arrivati al confine da una stradina secondaria, il doganiere croato come prima cosa ci chiede se ci siamo persi. Annamo bbene! Gli diciamo la nostra intenzione, e ci dice che quello non è un confine per il passaggio internazionale, ma sarebbe designato solo per attraversamento a piedi da parte della gente del luogo… Qualche metro più in là, nel modesto prefabbricato bianco in lamiera 1mtx1mt, la finestrella è alzata, ma sembra non esserci nessuno.

Procediamo, e siamo in Bosnia.

castello velika kladusa bosnia
Velika Kladusa

In pochi minuti, con strade ben tenute e belle casettine di campagna quasi tutte nuove, raggiungiamo la cittadina di Velika Kladusa. Su un’altura vediamo un bel castello torrito. C’impieghiamo un po’, ma dopo vari tentativi riusciamo ad arrivarci sotto. Effettivamente, più che il castello uno degli edifici pubblici più presenti varcato il confine sono le moschee, tutte col il loro alto e stretto minareto. A testimonianza che siamo davvero arrivati dove cambia religione!

Poi ci fermiamo al supermercato ad acquistare un po’ di vettovaglie per la cena. In particolare i croati ci hanno detto che la carne è più buona in Bosnia che in Croazia.

L’avventura di varcare il confine

A quel punto ci facciamo fare dal navigatore dell’auto l’itinerario per il rientro all’appartamento. Ma propone un percorso di circa 1h40! Allora ripieghiamo su Google Maps, con un più abbordabile 40 minuti…Peccato che, dopo aver percorso le stradine suggerite…arriviamo ad una sbarra chiusa! Solito prefabbricato in lamiera lato bosniaco. La finestrella è aperta: dentro, appoggiati alla sedia, uno zaino e una giacca. Aspettiamo qualche minuto, ma nulla…

Ok, ci rassegniamo e optiamo per il navigatore dell’auto…Le strade che ci fa percorrere sono ancora più piccole e dissestate di quelle che ci avevano condotto ad un binario morto…tratteniamo il fiato fino al confine e…incredibile! Questa volta c’è un uomo al confine! Solito prefabbricato, dove scompare con i nostri passaporti per un tempo che sembra infinito…

Mi sono figurata nel frattempo la sceneggiatura di un cortometraggio: noi seduti in macchina in attesa. Lui che va nel prefabbricato con i passaporti, poi esce da una porta sul retro, e va al bar, o dai colleghi croati qualche metro più in là, facendosi beffe di noi, gli unici che hanno varcato il confine da quella sperduta stradina negli ultimi 10 anni…

Dopo un tempo interminabile torna, ci consegna i passaporti e ci fa passare. Di là i croati (in 5, vestiti di tutto punto, in cabina super moderna) controllano i passaporti con lo scanner digitale. Però nel frattempo vedo un poster che segnala di “non fare entrare malattie di origine animale nella UE. Segnalate se trasportate carne…”. Ehm, non diciamo nulla. Ci fanno aprire il bagagliaio e per fortuna l’involucro con il nostro prezioso bottino (cevapcici e una succulenta fiorentina) è un po’ nascosto… Evvai! Si torna in Croazia!

Cena agognata ma deliziosa! 😉

House Paljian
Oštarski stanovi 139, 47245 Rakovica, Croazia

si dorme!

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